martedì 12 maggio 2009

Piombo, sangue e fuoco


Ho visto una particolare simmetria nei tuoi occhi, lo stesso odio che io provo per te! Un odio senza nome, un po' ebete.

Sono un grosso pezzo di cacca io, lo sai? Sedici anni col fucile in spalla e tanti volti, come il tuo, che mi hanno guardato senza pietà. A volte con stupore. In Somalia, in Yugoslavia, Medio Oriente ed ora qui, Rwanda, di nuovo, dopo quattro anni...
Il mio volto, nero come il tuo, come la pece ed il fango, ma pulito, il mio volto. Pulito perché sono il dannato figlio di una società più pulita, o almeno cosi dicono. Ma sono tutte storie da musi bianchi.

Papà è dottore. Mamma casalinga. Sapessi com'è buono il suo profumo quando sono a casa e mi sveglia il mattino. Mi coccola, perché sono il suo piccolo, sono Martin che è partito militare e sta coi caschi blu, sono Martin che salva il mondo ogni giorno rischiando la vita. E porca puttana è vero che rischio la vita.

Ma a mamma non lo dico che non è tutto oro quello che luccica, che in fondo non mi dispiacerebbe tanto se fossi tu quello che spara per primo, con quel ferro vecchio che porti in spalla, ma che è? Un Kalashnikov, russo eh, come c'è arrivato qui? L'avrà portato un nostro fratello da New York. La sai la storia di Caino e Abele? Te l'hanno insegnata al campo? Padre Mario è un buon diavolo, italiano, pizza e mandolino o che cazzo, ma un buon diavolo.

Ma mi sa che a te di Caino e Abele non importa un fico secco. Te ne stai li, con quei due fanali bianchi sotto una fronte ampia e scarna, una T-shirt color fango con la scritta Nike che quasi mi fa ridere e pantaloncini da ragazzino californiano. Mi viene voglia di bestemmiare, cazzo, bestemmiare ad alta voce, urlare. Ma che ci facciamo qua io e te?! Che ci facciamo?

Mi vuoi dire perché sei scappato quando abbiamo fermato il camion sul quale viaggiavi, beh per il fucile, e me lo dici che ci fai con quel fucile? Che bisogno hai di ammazzare quanti più tutsis ti trovi tra i piedi? Ma lo sai perché vi odiate, lo sai? La sai la storia dei coloni belgi che vi hanno detto tu sei Hutus, e tu sei Tutsis? Tu hai dieci vacche e allora sei ricco tu invece sei un pezzo di cacca. Ma porco di un mondo ti vedi? Siete tutti poveri adesso ma andate in giro a giustiziare a sangue freddo per i quartieri di Kigali tutti i genocideurs e neppure possiamo fare nulla per fermarvi. Il terrore è finito hanno detto i giornali, ma è cominciato più di prima, è sottile e ti entra nelle carni, si nasconde questo nuovo terrore. Nessuno più ne parla.

Guardo quei due occhi, che sono cosi grandi e tanto belli. I miei occhi li vedi, non sono più così, sarà stata la tv o i cartoni animati, nel mio sguardo non c'è più quella vita che vedo nei tuoi, solo l'odio che provo per te perché mi punti un fucile contro e porca miseria l'odio che provo per te perché ti dovrò ammazzare! Lo sai che ci scommetterei cento dollari che quella carretta s'incepperà e io ti sparerò con un fucile a ripetizione nuovo nuovo? Lo sai che appena fai solo finta di premere il grilletto il sergente Granger ti fredda da dietro quell'albero dove sta?

Da dove arriva quest'abitudine al massacro, da quale girone dell'inferno sono spuntati i vostri machetes dalle lame rosse del sangue di dieci anni di pulizia etnica? E quanta rabbia c'è ancora nel corpo di gente che dovrebbe essere sfinita dal dolore d'ogni giorno.
Anche io ho la mia rabbia, ma è rabbia di parole non dette, di una ragazza dai capelli rossi il cui padre non mi voleva perché ero nero, rabbia consumata da cuba libre e cocaina, da prostitute bianche, prostitute nere, prostitute asiatiche...
E anche io non sono molto di più, tu lo vedi con quei tuoi occhioni; una prostituta grande e grossa al soldo di un magnaccia che fa più paura del diavolo. Il sistema lo hanno chiamato una trentina d'anni fa, non so se come nome vada bene, ma rende l'idea, uno stato di cose di cui non sono più il controllore, nessuno sa più chi è il controllore. E ti odio, per dio ti odio perché mi dici tutte queste cose con quel tuo fottuto fucile appresso e quel tuo odore da animale braccato, e lo fai senza neppure bisogno di aprire bocca.

Ed io, ma che cazzo ti devo dire per farti capire che forse una scelta tu la puoi fare, alla faccia mia e di tutti quanti? Non ho parlato perché se lo faccio mi spari. E già sento la puzza di piombo e sangue e fuoco che ci sarà qui tra un paio di minuti.

L'ospedale da campo è pieno di bambini, tra loro c'è il tuo fratellino? Si sono sicuro che hai un fratellino. Magari non è in questo campo ma in un altro; durante l'esodo vi siete persi tutti, madri e figli, fratelli e sorelle, mogli e mariti, un intero popolo spezzettato tra i rimasugli di una patria che non capite neppure.
E tutte quelle armi che avevate tra le mani, ma vi siete mai domandati chi ve le dava e perché?

Basta facciamola finita, tu sei la preda e io il predatore, non c'è altro modo, ma non sarò io a sparare per primo, non questa volta.

Giochiamo a mosca cieca? Io chiudo gli occhi vedi? Non ti guardo, Granger comincia ad urlare ma non me ne frega.
Se vuoi sparare fallo tu, ma non ti conviene, io non guardo, e se lasci il fucile sono sicuro che avrai abbastanza vantaggio da scappare in qualche cunicolo, o che al villaggio ti copriranno.
Sono sicuro che l'hai un fratellino da qualche parte, vallo a cercare ti prego. Vai. Io chiudo gli occhi, non vedo, prendi la tua strada. Io ho gli occhi chiusi. Scappa.

Ti urlo: "Vattene!"

Sento lo sparo da dietro l'albero e nell'aria c'è odore di piombo, di sangue e di fuoco...



Zani Ettore - Gennaio 2003

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao! Complimenti, hai un blog veramente originale.

Io, invece, gestisco uno spazio cinematografico. Che ne pensi di uno scambio di link (ovviamente se apprezzi il mio piccolo blog)?
Fammi sapere. ;-)