domenica 1 luglio 2007

Un personaggio Londinese


Si presentò con cura e perizia, da vero londinese, mostrando con parsimonia i denti ben curati e le scarpe laccate, il bastone con le rifiniture in argento ed il cappello a cilindro, di quelli che da anni non si vedevano più.
S’inchinò a dovere, cinque gradi non di più, e pur non muovendo bocca pareva che le parole: “Buongiorno sir, buon risveglio ed un augurio di ottima giornata” si fossero materializzate per aria appena sopra la sua testa. Subito prese a camminare con disinvoltura, scostando appena col piede le cartacce che incontrava sul percorso e sembrava intento a prepararsi la colazione.

Da quando un’improvvisa luce lo aveva costretto al risveglio aveva trattato il suo interlocutore col massimo rispetto e la massima deferenza, d’altronde era solito dire: “Atteggiamento regale per persone regali” e per lui tutto il mondo era così: un posto da re e regine, immenso e colorato da vivere con allegria. “La vita è troppo corta”, soleva dire altrettanto spesso, “Va indubbiamente ben vissuta!”. Nonostante il suo atteggiamento inglese, che poteva apparire contenuto, la verità è che amava la vita e a passi contenuti, per l’appunto, si faceva ogni giorno i chilometri! Con le sue massime ben stampate nel cervello quel mattino si era approntato ad affrontare la giornata, come suo solito, come da sempre; dal suo modo di vedere il sempre, almeno.

Giancarlo non è mai stato maleducato, non sarà un lord inglese, anzi solo un figlio di contadini della bassa bresciana, ma è stato educato nel senso del giusto, forse con qualche scapaccione di troppo. Tuttavia non è questo il luogo adatto a discutere di pedagogia anche perché al nostro personaggio, poco sopra descritto, non importava molto la provenienza dei suoi interlocutori; aveva fiducia lui, doveva averne perché non poteva farne a meno. La faccia gioviale di Giancarlo comunque lo aveva lasciato ben disposto. Giancarlo si era svegliato di buon ora, meravigliato di veder trasparire dalle finestre il sole londinese tanto restio, a detta di tutti, in quel periodo dell’anno. Era dunque pronto per partire all’avventura e alla scoperta di quella grande città che tanto aveva sognato. Ancora in mutande s’era lavato i denti nel lavabo accanto al letto, aveva cercato i calzini puliti nella borsa e sbirciato di fretta sopra al tavolo, dove aveva lasciato portafoglio e chiavi la sera prima.
Fu mentre apriva l’armadio per prendere i calzoni che l’altro si presentò, e Giancarlo era ancora in mutande. Fu un incontro inusuale bisogna dirlo, almeno per il giovane ragazzo, mentre invece per il nostro personaggio era quasi all’ordine del giorno presentarsi in tale modo, sorprendendo la gente in abbigliamenti inconsueti e forse fuori luogo, lasciandola a bocca aperta e meravigliata del suo aspetto.
Un vero londinese ho detto, con cura d’ogni particolare e d’ogni lato della sua toeletta. Da anni s’impegnava in questo suo lavoro di perfezionamento dell’immagine eppure ogni incontro aveva le stesse caratteristiche sfavorevoli. Non desisteva però ed ogni volta s’inventava qualcosa di nuovo per rendersi più rispettabile, più distinto, più nobile ancora. Un lavoro ammirevole che però non gli valse fortuna.

Per amore della causa debbo dire che se Giancarlo avesse saputo, se avesse avuto la presenza di spirito necessaria a guardare con maggior interesse il completo nero del nuovo venuto, il suo cappello ed il bastone, il sorriso amichevole, e avesse scorto in quell’inchino un segno d’amichevole intesa e una promessa di mutua comprensione, se non avesse avuto tutta quella fretta di uscire e correre per le strade affollate, di vedere il Big ben, la torre di Londra o il Tower Bridge; se, semplicemente, Giancarlo fosse stato un po’ meno umano in quell’occasione forse non avrebbe urlato: “che cazzo ci fa nell’armadio uno schifoso scarafaggio?!” e adesso potrei raccontare ancora tante cose sul nostro amato personaggio.
Ma così non è stato.


Zani Ettore – Luglio 2003

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