giovedì 17 luglio 2008

A cosa serve il silenzio

Chiacchieravo con Ada mentre preparavo la moka per il caffè. Adoravo quelle routine fatte di gesti semplici, e non mancavo di sottolinearle ulteriormente con la nenia delle parole, tante, inconsapevoli e spumose. Era difficile trovare chi mi stesse dietro quando partivo nei miei sproloqui ipnotici. Succedeva mentre lavavo qualche mutandina nel lavabo, mentre preparavo una torta, mentre riordinavo gli appunti del lavoro. Ogni buona occasione di battezzare delle nuove abitudini attraverso queste mie chiacchierate cicloniche era ben accetta. Mi mettevano di buon umore.
Ada era tra le mie partner migliori. Amica da sempre, mi metteva a parte d’ogni segreto. La sua dote migliore era l’ammiccamento; come sapeva renderti complice lei nessun’altra.
Con la sua compagnia il discorso procedeva filato, si dipanava come un gomitolo di lana che, se da un lato si rimpiccioliva sempre più, dall’altro andava trasformandosi in un bel maglioncino od una sciarpa calda. Riusciva a rendere utili perfino le chiacchiere. Svolgeva un po’ il ruolo del timoniere insomma, ed era brava in questo. Le bastavano due o tre parole giuste, quelle che poi t’accorgi quanto fossero state ben mirate; poi ammiccava come sapeva lei ed il gioco era fatto: io mettevo la quarta e partivo verso i lidi inesplorati della retorica e della dialettica.
Per una donna immagino che poter chiacchierare così liberamente sia un po’ come per mio marito il potersi bere una birra con gli amici. Poter agguantare la vita e dirgli resta ferma un po’ che voglio gustarti un attimo, non correre sempre.
Poi, a volte, inciampavo in un dubbio o semplicemente dovevo riprendere fiato ed allora c’era Ada che mi veniva incontro con un'altra delle sue frecce, sempre pronta a colpire nel bersaglio.
“Ti ricordi mio nonno?” mi domandò.
“Certo!” dissi a gran voce, cercando di riempire i toni di colore, perché il nonno di Ada valeva ben la pena di sprecare la tavolozza intera.
“Già”, mi fermò subito lei in maniera inconsueta, si vedeva che aveva qualcosa in più da dire. Infatti riprese subito: “Qualche anno fa, un giorno come un altro, mi disse una cosa davvero strana, sai quelle frasi enigmatiche che sanno di saggezza ma che non ne sei sicura”; in televisione, che come sempre era accesa, ma senza volume, passavano le immagini tristi di un caso che teneva in sospeso l’America, un’intera nazione indecisa tra la vita e la morte di una sola donna. Ada parlava guardando in quella direzione, pensosa, accavallando gli uni sugli altri lo sguardo fisso, le parole, e i pensieri. “Mi disse che lui la morte aveva creduto parecchie volte d’averla capita, quando era stato in guerra, quando aveva avuto l’incidente, quando era morta la nonna, insomma, un sacco di occasioni, che di occasioni ne aveva avuto per far quattro chiacchiere con la bastarda. Però, però poi mi disse che in realtà non aveva capito un fico secco. Che la morte l’aveva capita solo quando era morto. Ma tu non sei mica morto gli avevo risposto. Immagina c’ero rimasta così, pensavo che si stesse rincitrullendo. Lo so bambina che non son morto, m’ha risposto, è questo il punto. Poi sorrise il vecchio. Sorrise”.
In tv si vedevano le immagini del detersivo che più bianco non si può.
“C’ha lasciati un mese dopo il vecchio, sempre con quel sorriso che la mamma dice s’è stampato sulla mia faccia. Sembrava che lo sapesse che l’ora era arrivata. Magari dopo tante occasioni per parlare con la morte s’era deciso a farsi rispondere. Il tempo delle chiacchiere era finito per lui, che poi, se le parole bastassero sempre a che servirebbe il silenzio?”.
Smise di parlare, io guardavo Ada e lei guardava me, poi sfoderò l’arma segreta e mi rese complice della sua frase saggia.
Anche io stetti zitta. Mi sembrava di avere tante cose da dire, un milione, di dover continuare a godere di tutta quella vita che erano le mie chiacchiere, gustarle con Ada, perché di parole ce ne erano un sacco. Ma per un po’ rimasi in silenzio, non ne ero sicura ma in qualche modo era la cosa giusta. Vedendomi riflessa in un angolino dello specchio del salotto ebbi la fugace impressione che per un attimo quel sorriso ammiccante di Ada fosse migrato anche sul mio volto.




Zani Ettore - Maggio 2005

1 commento:

Vaaal ha detto...

ehm scusa il disturbo, ti volevo chiedere se è facile inserire il menù di anobii su un blog blogspot.. mi sono sempre chiesto come si fa ma non trovo guide in rete.. ciao!