Posso permettermi un pensiero? Intendo qualcosa che non sia per forza ben scritto, strutturato, ricercato? Forse addirittura uno sfogo chissà, vediamo che ne esce; bisogna partire, iniziare a scrivere e lasciare che le parole si susseguano le une dopo le altre come fossero bracciate che tirano una corda: oh issa, oh issa, forse in fondo al pozzo c'è qualcosa che vale la pena tirare in superficie.
Emozioni probabilmente. Spesso tanta rabbia o peggio ancora: frustrazione. Ah brutta bestia la frustrazione, brutta perché non sai mai da dove arrivi esattamente, quando o perché sia cominciata. Nemmeno ti immagini quanto possa essere forte fin che non te la ritrovi appiccicata al collo come una sanguisuga che risucchia le tue ultime energie. Fai appena in tempo a chiederti: ma com'è possibile se fino a un attimo fa ero pieno d'energia? Tutto andava bene, ti sentivi abbastanza normale, né più né meno che il solito insomma, e poi... poi tutto ti cade addosso e ti rendi conto che non hai voglia di muovere un solo passo. No, non è depressione come si potrebbe pensare, non c'entrano tristezza o sbalzi d'umore, te ne rendi perché un po' ci pensi e scopri che qualcosa dietro c'è. Una parola non detta, un'incomprensione dell'ultimo minuto, un desiderio inafferrato, una stanchezza malcelata. Caos. Ecco il punto, il solito caos primigenio da cui tutto è nato e da cui tutto, in qualche strana misura, ancora dipende. Tanti piccoli perché che nascono crescono, si assommano e moltiplicano, si fanno beffe di te che li sottovaluti, li considerì solo le solite inezie, non ti accorgi che le relazioni assolutamente casuali che li legano stanno pian piano prendendo una forma. E' scritto nel loro DNA, o almeno lo sarebbe se l'avessero il DNA.
Ebbene sì, non è quello che ci troviamo davanti, un ostacolo, di qualunque natura esso sia, la cosa importante, non è il muro contro cui sbattere la testa il vero problema ma sono gli invisibili sospiri che ci stanno ale spalle ad impedirci di muovere un solo muscolo, costringendoci in quella posizione tanto scomoda. Immobileruttiva frustrazione.
Eh sì, è la vita in fin dei conti, che prepara un tumultuoso terremoto con un semplice ed irrinunciabile scopo: distruggere per concimare. La vita è in primo luogo una enorme fabbrica di Letame, con la L maiuscola.
Suvvia non datemi del cinico, non credo che questo destino ci leghi ad una sorte già scritta, ci deprivi della nostra umana dignità o chissà quale altra minchiata. Anzi, ci da modo di scoprire ciò a cui aspiriamo davvero perché abbiamo bisogno di tutta la nostra migliore umanità per ricostruire ad ogni terremoto, e quello che ricostruiremo, il modo in cui lo faremo, gli scopi che ci prefiggeremo sono quanto di meglio abbiamo a disposizione: le nostre scelte.
Scoprire che sì, l'amo ancora, oppure ammettere, no non l'amo più; afferrare l'idea che è il momento di cambiare qualcosa, o magari invece rendersi conto che la strada è quella giusta; aprire gli occhi e trovarsi improvvisamente di fronte ad un bivio dove prima c'era un muro. Ed, oddio, eccola la frustrazione, certo, ma è solo un attimo di salutare follia di fronte al quale ritrovare la voglia di dar bracciate ad una corda e pescare su dal pozzo. Raccolto il secchio si guarda dentro, si sorride alla vita e si riprende a camminare.
Zani Ettore
Emozioni probabilmente. Spesso tanta rabbia o peggio ancora: frustrazione. Ah brutta bestia la frustrazione, brutta perché non sai mai da dove arrivi esattamente, quando o perché sia cominciata. Nemmeno ti immagini quanto possa essere forte fin che non te la ritrovi appiccicata al collo come una sanguisuga che risucchia le tue ultime energie. Fai appena in tempo a chiederti: ma com'è possibile se fino a un attimo fa ero pieno d'energia? Tutto andava bene, ti sentivi abbastanza normale, né più né meno che il solito insomma, e poi... poi tutto ti cade addosso e ti rendi conto che non hai voglia di muovere un solo passo. No, non è depressione come si potrebbe pensare, non c'entrano tristezza o sbalzi d'umore, te ne rendi perché un po' ci pensi e scopri che qualcosa dietro c'è. Una parola non detta, un'incomprensione dell'ultimo minuto, un desiderio inafferrato, una stanchezza malcelata. Caos. Ecco il punto, il solito caos primigenio da cui tutto è nato e da cui tutto, in qualche strana misura, ancora dipende. Tanti piccoli perché che nascono crescono, si assommano e moltiplicano, si fanno beffe di te che li sottovaluti, li considerì solo le solite inezie, non ti accorgi che le relazioni assolutamente casuali che li legano stanno pian piano prendendo una forma. E' scritto nel loro DNA, o almeno lo sarebbe se l'avessero il DNA.
Ebbene sì, non è quello che ci troviamo davanti, un ostacolo, di qualunque natura esso sia, la cosa importante, non è il muro contro cui sbattere la testa il vero problema ma sono gli invisibili sospiri che ci stanno ale spalle ad impedirci di muovere un solo muscolo, costringendoci in quella posizione tanto scomoda. Immobileruttiva frustrazione.
Eh sì, è la vita in fin dei conti, che prepara un tumultuoso terremoto con un semplice ed irrinunciabile scopo: distruggere per concimare. La vita è in primo luogo una enorme fabbrica di Letame, con la L maiuscola.
Suvvia non datemi del cinico, non credo che questo destino ci leghi ad una sorte già scritta, ci deprivi della nostra umana dignità o chissà quale altra minchiata. Anzi, ci da modo di scoprire ciò a cui aspiriamo davvero perché abbiamo bisogno di tutta la nostra migliore umanità per ricostruire ad ogni terremoto, e quello che ricostruiremo, il modo in cui lo faremo, gli scopi che ci prefiggeremo sono quanto di meglio abbiamo a disposizione: le nostre scelte.
Scoprire che sì, l'amo ancora, oppure ammettere, no non l'amo più; afferrare l'idea che è il momento di cambiare qualcosa, o magari invece rendersi conto che la strada è quella giusta; aprire gli occhi e trovarsi improvvisamente di fronte ad un bivio dove prima c'era un muro. Ed, oddio, eccola la frustrazione, certo, ma è solo un attimo di salutare follia di fronte al quale ritrovare la voglia di dar bracciate ad una corda e pescare su dal pozzo. Raccolto il secchio si guarda dentro, si sorride alla vita e si riprende a camminare.
Zani Ettore
4 commenti:
Già, ma a volte lo sguardo nel pozzo, prima di riprendere a camminare, è lungo, e a volte rischi di caderci dentro a quel pozzo e non essere in grado di risalire.
La scelta è una dura realtà a cui ci si può sottrarre solo se si ha qualcuno che decide per noi, ma la scelta allora sarà quella di lasciare a qualcuno la decisione, con la consapevolezza necessaria di poterci trovare di fronte ad una strada che non vorremmo.
Io preferisco la sofferenza scelta da me stesso al posto di quella indotta dal caso, dagli eventi. Io non credo, come te, al destino scritto, ma kcredo che ciascuno si scriva il proprio.
Un abbraccio Ettore,
Dario Carta
il narciso caravaggesco la dice lunga a completamento del tuo 'sfogo'...;-))
^__^
consideralo un tocco auto ironico per uno psicologo da strapazzo come me :-)
bai bai
ciao Dario, felice di vederti in queste lande...
bai bai
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