C’è una mazurka triste che suona per strada, non l’ho mai sentita ma s’è messa in testa di regalar ricordi. Non so in che stagione siamo, forse Autunno inoltrato giacché cadono le foglie, una per ogni passo di danza, c’è il pensiero che corre tra noi e anche qualcosa d’altro che non mi ricordo.
Intanto la mazurka gira e gira, ed entra dalle finestre, e poi n’esce e afferra la mano di chi non vuole affacciarsi.
È vero era Autunno, ma una prima neve era già caduta ed il freddo era Russo, quello di San Pietroburgo. Il vestito era rosso, con un'ampia scollatura a sfidare il rigore del freddo, ma eravamo in casa ed i camini erano accesi, e tu scherzavi.
“Non mi stringe signor Teodoro, perché?”, disse la dama.
“Ma io la stringo a dire il vero”
“Oh… suvvia è cosi che un uomo stringe la propria dama per un ballo?”
“Ma è poco più che pomeriggio…”, l’uomo si scusò imbarazzato.
“E che significa? Forse ch’è proibito ballare come si deve finché il sole non cala?”
Non è proibito ballare per le strade? Non è proibito ascoltare una mazurka triste dalla propria stanza, sentirla incolpare le strade d’essere così solamente strade? No, non è proibito.
“Così va meglio Teodoro”
“Ci diamo del tu?”. L’uomo parlò divertito, senza sgarbo ma non poté impedirsi una luce negli occhi che non piacque alla dama.
“Sì del tu, ma non faccia troppo l’uomo e troppo poco il signore…”, rispose ella.
“Ed adesso di nuovo del lei”, scherzò.
“No, del tu Teodoro”.
Sorrisero e ballarono.
Fantasmi che ballano sul folto sopracciglio di signore canuto, appena sotto quel pelo bianco, che cresce in mezzo alla fronte e si nasconde, pudico, nel proprio pallore. Affacciato alla finestra, guardo la mazurka triste volare di persona in persona e assumo quell’espressione pensosa da vecchio, che non vorrei. Penso a questi fantasmi sul mio sopracciglio e mi vedo, già fantasma, ballare sul sopracciglio di questo palazzo, ed il mondo ballare sul sopracciglio dell’universo.
“Perché mi guardi così Teodoro?”
“Perché mi fai questa domanda Nastia? Non siamo bambini eppure vogliamo giocare agli innamorati?”
“Per le strade di Peter si gioca agli innamorati, nei salotti di queste case a cosa si gioca?”, rispose Nastia.
Lui le prese una mano.
“Perché mi fai sentire già vecchio Nasten’ka?”
“Oh suvvia per due rughe da giovincello, se devo essere sincera ti donano, ti danno un aria così saggia”
“Nastia…”
“Lo so che te ne andrai…”
“Si gioca anche in questi palazzi allora?”, domandò accigliandosi un poco
“Non si gioca più da molto tempo Teodoro, non accigliarti”, disse Nastia fermando il ballo tra uno scaffale pieno di libri e l’orlo di un tappeto venuto da chissà quale paese, “Vorrei giocare, ma non lo faccio più”
“E allora che fai?”
“Mio padre dice che faccio troppe domande ma è evidente che non ti conosce, Teodoro caro”
Sul sopracciglio dell’universo mi potrei fermare a pensare tranquillo, forse in quel luogo così lontano questa mazurka triste non suonerebbe per me, ma ogni luogo è un sopracciglio sperduto, ed ogni persona ha la propria mazurka…
“È vero che faccio tante domande sai?”, fece la donna riprendendo il passo di danza, “Faccio troppe domande e non mi do mai risposte. Sarà che siamo giovani, che ne dici Teodoro? Sarà che sono stufa di fare domande e adesso mi darò risposte… attento segui il passo… sarà che sono romantica”
“Tu romantica? Non è il fiore romantico, è chi lo coglie per gustarne il sapore sotto le nari, spietato o stolto, oltre che romantico”
Se adesso mi sdraio sul letto forse m’assopirò e potrò far finta di non sentire, magari non mi sveglierò più. Non in questa città almeno, ma in un'altra, una città con la Neva ghiacciata e tanti bambini che pattinano, con i ghiaccioli sui tetti che pendono e tremano minacciosi, una città dove si parla una lingua che non mi ricordò più e che suona tanto dolce e non credevo, allora non credevo…
“Te ne andrai…”
“Sì me ne andrò”
“E non tornerai mai più”
“No”
“No”
Nastia aveva occhi dal riflesso dorato e si vezzeggiava tanto per quel luccicare nell’iride marrone. Nel ripetere quel no così definitivo si sfiorò il viso con la mano e lavò dal volto quel riflesso, come una nebbia che impedisce di vedere, lo strinse nella mano ed accarezzò Teodoro.
Ora il riflesso del sole era suo, un bene così prezioso in quel paese freddo.
Mi sono assopito e non mi sveglierò mai più, suonatore. Non nasconderti, ti vedo laggiù dove sei, all’incrocio sotto il mio palazzo, sei tu che suoni questa mazurka così triste. Ne ho sentita solo un’altra simile, suonava nella mia testa mentre ballavo con Nastia. Solo nella mia testa perché credevo che non potesse esistere una musica così. Tu ne hai bisogno più di me ora, ne hai bisogno perché la tua musica è triste ed allora te lo regalo. Siamo tutti sul sopracciglio dell’universo ed ascoltiamo la stessa musica eppure c’è chi va e chi viene. Prendi questo riflesso dorato e lascialo vagare mentre suoni per le strade. Sono solo strade ma la gente si affaccerà dalla finestra e vedrà il sole. Io vado a sfidare un no che dissi tanto tempo fa, tanto…
Intanto la mazurka gira e gira, ed entra dalle finestre, e poi n’esce e afferra la mano di chi non vuole affacciarsi.
È vero era Autunno, ma una prima neve era già caduta ed il freddo era Russo, quello di San Pietroburgo. Il vestito era rosso, con un'ampia scollatura a sfidare il rigore del freddo, ma eravamo in casa ed i camini erano accesi, e tu scherzavi.
“Non mi stringe signor Teodoro, perché?”, disse la dama.
“Ma io la stringo a dire il vero”
“Oh… suvvia è cosi che un uomo stringe la propria dama per un ballo?”
“Ma è poco più che pomeriggio…”, l’uomo si scusò imbarazzato.
“E che significa? Forse ch’è proibito ballare come si deve finché il sole non cala?”
Non è proibito ballare per le strade? Non è proibito ascoltare una mazurka triste dalla propria stanza, sentirla incolpare le strade d’essere così solamente strade? No, non è proibito.
“Così va meglio Teodoro”
“Ci diamo del tu?”. L’uomo parlò divertito, senza sgarbo ma non poté impedirsi una luce negli occhi che non piacque alla dama.
“Sì del tu, ma non faccia troppo l’uomo e troppo poco il signore…”, rispose ella.
“Ed adesso di nuovo del lei”, scherzò.
“No, del tu Teodoro”.
Sorrisero e ballarono.
Fantasmi che ballano sul folto sopracciglio di signore canuto, appena sotto quel pelo bianco, che cresce in mezzo alla fronte e si nasconde, pudico, nel proprio pallore. Affacciato alla finestra, guardo la mazurka triste volare di persona in persona e assumo quell’espressione pensosa da vecchio, che non vorrei. Penso a questi fantasmi sul mio sopracciglio e mi vedo, già fantasma, ballare sul sopracciglio di questo palazzo, ed il mondo ballare sul sopracciglio dell’universo.
“Perché mi guardi così Teodoro?”
“Perché mi fai questa domanda Nastia? Non siamo bambini eppure vogliamo giocare agli innamorati?”
“Per le strade di Peter si gioca agli innamorati, nei salotti di queste case a cosa si gioca?”, rispose Nastia.
Lui le prese una mano.
“Perché mi fai sentire già vecchio Nasten’ka?”
“Oh suvvia per due rughe da giovincello, se devo essere sincera ti donano, ti danno un aria così saggia”
“Nastia…”
“Lo so che te ne andrai…”
“Si gioca anche in questi palazzi allora?”, domandò accigliandosi un poco
“Non si gioca più da molto tempo Teodoro, non accigliarti”, disse Nastia fermando il ballo tra uno scaffale pieno di libri e l’orlo di un tappeto venuto da chissà quale paese, “Vorrei giocare, ma non lo faccio più”
“E allora che fai?”
“Mio padre dice che faccio troppe domande ma è evidente che non ti conosce, Teodoro caro”
Sul sopracciglio dell’universo mi potrei fermare a pensare tranquillo, forse in quel luogo così lontano questa mazurka triste non suonerebbe per me, ma ogni luogo è un sopracciglio sperduto, ed ogni persona ha la propria mazurka…
“È vero che faccio tante domande sai?”, fece la donna riprendendo il passo di danza, “Faccio troppe domande e non mi do mai risposte. Sarà che siamo giovani, che ne dici Teodoro? Sarà che sono stufa di fare domande e adesso mi darò risposte… attento segui il passo… sarà che sono romantica”
“Tu romantica? Non è il fiore romantico, è chi lo coglie per gustarne il sapore sotto le nari, spietato o stolto, oltre che romantico”
Se adesso mi sdraio sul letto forse m’assopirò e potrò far finta di non sentire, magari non mi sveglierò più. Non in questa città almeno, ma in un'altra, una città con la Neva ghiacciata e tanti bambini che pattinano, con i ghiaccioli sui tetti che pendono e tremano minacciosi, una città dove si parla una lingua che non mi ricordò più e che suona tanto dolce e non credevo, allora non credevo…
“Te ne andrai…”
“Sì me ne andrò”
“E non tornerai mai più”
“No”
“No”
Nastia aveva occhi dal riflesso dorato e si vezzeggiava tanto per quel luccicare nell’iride marrone. Nel ripetere quel no così definitivo si sfiorò il viso con la mano e lavò dal volto quel riflesso, come una nebbia che impedisce di vedere, lo strinse nella mano ed accarezzò Teodoro.
Ora il riflesso del sole era suo, un bene così prezioso in quel paese freddo.
Mi sono assopito e non mi sveglierò mai più, suonatore. Non nasconderti, ti vedo laggiù dove sei, all’incrocio sotto il mio palazzo, sei tu che suoni questa mazurka così triste. Ne ho sentita solo un’altra simile, suonava nella mia testa mentre ballavo con Nastia. Solo nella mia testa perché credevo che non potesse esistere una musica così. Tu ne hai bisogno più di me ora, ne hai bisogno perché la tua musica è triste ed allora te lo regalo. Siamo tutti sul sopracciglio dell’universo ed ascoltiamo la stessa musica eppure c’è chi va e chi viene. Prendi questo riflesso dorato e lascialo vagare mentre suoni per le strade. Sono solo strade ma la gente si affaccerà dalla finestra e vedrà il sole. Io vado a sfidare un no che dissi tanto tempo fa, tanto…
Zani Ettore – Gennaio 2004
2 commenti:
leggere questo brano è come frugare in un baule pieno di diari, lettere e dagherrotipi di tempi andati, e la curiosità diviene famelica e il voyeurismo insaziabile.
bellissime atmosfere, vagamente battiatane in traslazione musicale.
ad essere estremamente pignolo, tanto per fare le pulci forse anche a torto, mi riesce difficilissimo immaginare una mazurka triste.
complimenti per il titolo.
c'è chi può salvare il mondo con la tristezza e con la danza. Una parte di mondo in cui forse questo tasto non suona ben accordato ed ha bisogno di un buon liutaio che lo sappia sistemare. Bel racconto, caldo, nelle sue immagini fredde ma morbide. D.
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